lunedì 6 febbraio 2012

“Hugo Cabret: il cinema mai visto di Martin Scorsese” - il commento del nostro critico-vip. Dal blog di Panorama


Avete in mente il Martin Scorsese di “Taxi driver” o di “Good fellas”? Beh, dimenticatevelo. In questo film tratto dal romanzo di Selznick, attraverso la storia di un giovane orfano che vive tra i cunicoli della stazione di Parigi negli anni 30, l’illustre cineasta regala al pubblico, sopratutto ai piu’ giovani, una romantica e speranzosa visione del significato della vita. Il piccolo e solo orologiaio, nel tentativo di riparare un progetto del padre da poco scomparso, sistema la vita ad un altro uomo e alla sua famiglia.

Questa la metafora dell’orologio paragonato al mondo, in cui ogni vita e’ un ingranaggio ed ha un senso solo nel tutto, un tutto perpeto e inarrestabile. Un messaggio,per molti aspetti nuovo, che si distanzia dal mito holliwoodiano dell’individuo inteso come solo e lo inserisce in un meccanismo appunto dove la felicita’ di uno e’ strettamente legata alla felicita’ dell’altro. Questa visione rende il film molto attuale, se si considera il momento storico che vive la società occidentale e di cui l’America e’ traino.
Dal punto di vista tecnico il film è davvero esagerato: cast, costumi, ambientazioni, fotografia e dialoghi da grande pellicola … forse fin troppo bello.

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